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11/01/2017 Nel dibattito sul randagismo ci si ritrova spesso a un aspro bivio: è giusto che i canili siano gestiti da associazioni no profit, oppure da privati? Diverse regioni favoriscono le prime in nome della disinteressata vocazione al benessere degli animali, che passerebbe in secondo piano laddove si debba far quadrare un bilancio. Eppure le associazioni, piccole o grandi, hanno in consegna la maggior parte delle strutture pubbliche italiane, e si ritrovano di conseguenza a gestire appalti e rilevanti somme di denaro, mentre una sentenza della Corte costituzionale ha appena dichiarato illegittimo che esse possano godere, nell'assegnazione, di una corsia preferenziale. Il pronunciamento deriva dal ricorso presentato dalla Mapia S.r.l. riguardo il bando di affidamento del canile comunale di Acquaviva delle Fonti (Bari), che restringeva la partecipazione alle sole associazioni protezionistiche o animaliste iscritte all’albo regionale. Respinte dal Tar della Puglia e dal Consiglio di Stato le obiezioni dell’imprenditore giungevano tuttavia a Roma, e a Palazzo della Consulta, il 18 ottobre scorso, veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2-bis, della legge della Regione Puglia 3 aprile 1995, n. 12 (Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), nella parte in cui non consente a soggetti privati, che garantiscono la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti, di concorrere all’affidamento di servizi di gestione di canili e gattili. “Si tratta di un precedente importantissimo” commenta Michele Visone, presidente di Assocanili (associazione di gestori di cui Mapia s.r.l. fa parte). “Come ripetiamo da anni, il punto non è chi debba gestire i randagi, ma come, ed è dunque urgente che la virtuosa legge nazionale sul randagismo, la 281/91, venga arricchita in tal senso da linee guida valide per tutti, associazioni e privati”. Già, ma nell’attesa è legittimo pensare che i secondi cerchino di guadagnare dalla gestione di cani e gatti a discapito del loro benessere? “Perché allora non si può sospettare lo stesso delle associazioni, che non di rado godono di emolumenti e privilegi assai superiori senza dover soggiacere ai controlli imposti a qualsiasi impresa privata?” ribatte Visone. “Il volontariato è indispensabile, più che prezioso, ma per sua stessa natura non può garantire un servizio. Associazione di per sé non significa buono: ce ne sono di ottime, ma circolano pure tanti, troppi falsi animalisti i quali maneggiano, spostano, trafficano senza trasparenza fiumi di soldi, assieme alla vita degli animali. Si è innescato un meccanismo pericoloso sostenuto dalle leggi regionali, che hanno concesso privilegi a chiunque si presenti come associazione favorendo così un mercato indiscriminato. Ci sono luoghi, come ad esempio la Toscana, dove questo sistema ha creato veri e propri monopoli. Non sono le etichette a garantire gli animali, ma il cuore e la competenza”. http://richiamo-della-foresta.blogautore.repubblica.it/2017/01/10/canili-solo-alle-associazioni-e-incostituzionale/ @margdam |
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